Brasile: il golpe alle porte

di Marco Consolo –

 

Il Brasile vive un momento politico grave e particolarmente pericoloso per le lavoratrici ed i lavoratori. Dopo l’approvazione alla Camera dei Deputati dell’apertura del processo di impeachment contro la Presidente Dilma Rousseff (accusata di irregolarità nella pubblicazione del bilancio federale), oggi il tramite è al Senato. Qui, è poco probabile che si inverta la tendenza nella votazione dell’11 o 12 maggio. Se la maggioranza semplice voterà a favore, si aprirà formalmente il giudizio politico alla Presidente che avrà poi 180 giorni per difendersi davanti alla Corte Costituzionale. Infine, dopo aver ascoltato la sua difesa, il Senato voterà di nuovo. In caso di voto favorevole dei due terzi degli 81 senatori, Dilma Rousseff decadrebbe dall’incarico e il vice-Presidente Michel Temer, si insedierebbe ufficialmente con l’incarico di formare il governo. Da notare che lo stesso Temer, del Partido del Movimiento Democrático Brasileño (PMDB), ex-alleato di governo ed oggi a capo della cospirazione, è a sua volta sottoposto ad una richiesta di “giudizio politico”.

Michel Temer e Eduardo Cunha

La grottesca offensiva golpista, rafforzatasi dopo la ri-elezione di Dilma, è guidata anche dall’oppositore Eduardo Cunha, (Presidente della Camera e membro del Partito della Socialdemocrazia Brasiliana-PSDB), sotto inchiesta per corruzione.

Sia chiaro che ciò che sta avvenendo in Brasile non ha nulla a che vedere con la lotta alla corruzione. È in corso è un vero e proprio colpo di Stato, travestito da richiesta di “giudizio politico”   nei confronti di Dilma, senza basi legali. Si tratta di una grave minaccia alla democrazia, alla sovranità nazionale ed alle conquiste sindacali e sociali di questi ultimi anni.

Non c’è dubbio che il quadro latino-americano è caratterizzato dalla contro-offensiva statunitense per riprendere il controllo del suo “cortile di casa”. Scartati per il momento i sanguinosi golpe vecchio stile (alla cilena per intenderci) oggi si preferisce uno schema di “golpe blando”, di golpe “istituzionali”, come avvenuto in Honduras (2009) e in Paraguay (2012). Al posto dei carri armati, oggi si usa l’artiglieria mediatica, per raggiungere lo stesso scopo: rimuovere i governi sgraditi al grande capitale ed all’impero. E le recenti battute d’arresto elettorali per le forze democratiche in Argentina, Venezuela e Bolivia, fanno parte dello stesso fenomeno, con un copione che si adatta al teatro dove va in scena.

Nel caso brasiliano l’obiettivo delle forze che hanno alimentato questa farsa, è quello di liquidare i diritti sociali e dei lavoratori. Il blocco sociale golpista è formato in primo luogo dalla Confindustria brasiliana (la CNI con la sua filiale di Sao Paulo FIESP in prima fila, come già avvenne nel golpe del 1964), dalla potente organizzazione dei latifondisti (CNA), settori della Polizia Federale e del potere giudiziario, esponenti dei partiti sconfitti nelle urne come il PSDB di Aecio Neves ed il PMDB, fino a ieri alleato di governo di Dilma. Il tutto con il generoso aiuto dei media golpisti (Rete Globo in prima fila) che hanno incitato e dato copertura a un’operazione condotta contro la sinistra al governo. Sono gli stessi soggetti e classi sociali che stavano dietro al golpe civico-militare del 1964.

Gli obiettivi sono chiari: nel documento “Un ponte per il futuro”, l’attuale capo golpista e Vice-Presidente Temer promette alla Confindustria di eliminare importanti leggi a favore dei lavoratori, stabilire il primato del mercato ed imporre l’esternalizzazione senza restrizioni a scapito dei diritti. Si parla di austerità, di aggiustamento fiscale, di ridurre le già scarse risorse per la sanità, l’istruzione e i programmi sociali, della fine della valorizzazione del salario minimo, di ridurre i benefici della sicurezza sociale ed eliminare l’età minima di pensionamento. Ancora più a destra, il partito alleato PSDB segue lo stesso percorso con una lettera di 15 punti inviata al suo vice-golpista Cunha dove rivendica il programma dell’oligarchia, sconfitta nelle urne.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti (rimasti eloquentemente in silenzio) dopo gli scandali delle intercettazioni dei telefoni di Dilma e dei dirigenti della potente impresa statale petrolifera (Petrobras), il possibile bottino è ancora più alto: le ingenti ricchezze minerarie del Paese, gli enormi giacimenti petroliferi del “Pre-sal”, le grandi imprese statali da privatizzare (a partire da Petrobras). Sarà pura coincidenza che l’attuale ambasciatrice statunitense in Brasile, Liliana Ayalde, stava in Paraguay poco prima del golpe parlamentare contro il legittimo presidente Fernando Lugo ?

Nella strategia degli Stati Uniti per ricostruire egemonia, non bisogna sottovalutare l’obiettivo del cambiamento di politica estera di Brasilia. In primis recuperare una relazione privilegiata con Washington e dare le spalle all’integrazione dell’America Latina e dei Caraibi, sabotando MERCOSUR, UNASUR e la CELAC.  Sullo scacchiere globale, si tratta di indebolire il blocco dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) che mette in discussione il dominio uni-polare statunitense.

Per imporre questa agenda si criminalizzano le lotte e i movimenti sociali, limitando la democrazia con misure autoritarie. E nel frattempo, il 10 maggio è convocata una grande mobilitazione a difesa della democrazia, della sovranità nazionale e dei diritti sociali.

PS: una versione ridotta di questo articolo è stata pubblicata su ” SINISTRA SINDACALE: numero 5/2016‏”