Colombia, altri sei giorni per salvare la pace

di Marco Consolo – Liberazione 16-1-2002

 

Colpo di scena per il rotto della cuffia.

A cinque ore dalla scadenza dell’ultimatum di sgombro del Presidente colombiano Pastrana alla guerriglia delle Farc-Ep, la  mediazione delle Nazioni Unite, attraverso James Lemoyne, incaricato speciale di Kofi Annan e del “gruppo dei Paesi facilitatori del dialogo”, ha sbloccato la situazione. Almeno fino a domenica prossima.

 

Lunedì notte, l’ambasciatore francese Daniel Parfait, a nome dei dieci Paesi facilitatori (Italia, Francia, Spagna, Canada; Cuba, Messico, Norvegia, Svezia, Svizzera e Venezuela) ha letto in diretta televisiva il comunicato congiunto con l’annuncio dello sblocco dello stallo.

«Pastrana ha detto che le garanzie del negoziato nella zona di distensione sono date e le Farc accettano queste garanzie per lo sviluppo del dialogo ed i negoziati nella zona di distensione» ha detto Parfait. «Esistono le condizioni per riprendere immediatamente i lavori del tavolo di dialogo» ha continuato l’ambasciatore.

Per garantire il dialogo, la discussione (che ricomincia oggi), sarà alla presenza di Lemoyne e di due rappresentanti dei Paesi facilitatori.

 

Ma la fragile intesa pone serie limitazioni al dialogo.

 

Infatti Pastrana ha minacciato la ripresa dell’offensiva militare se entro il 20 gennaio non si arriva ad un accordo sui diversi punti concordati in ottobre a S. Francisco de la Sombra. Il governo  chiede concessioni da parte della guerriglia, tra cui il cessate il fuoco unilaterale, senza però voler discutere punti chiave, come la lotta contro gli squadroni della morte paramilitari e la fine delle devastanti fumigazioni con il glifosato, un potente erbicida della Monsanto.

 

Le Farc, parzialmente rassicurate dall’impegno internazionale, attraverso il comandante guerrigliero Raul Reyes, hanno accettato le garanzie di Pastrana, dimostrando senso di responsabilità e la loro volontà di pace. Ma avvertono del rischio che «i meschini interessi di una minoranza privilegiata passino sulla testa degli interessi di 40 milioni di colombiani».

 

Durante la notte la pressione popolare si era fatta sentire e molti abitanti della zona di S. Vicente del Caguàn avevano manifestato di fronte ai delegati internazionali. Decine di macchine hanno sfilato suonando il clacson per le vie della cittadina a favore della pace, contro l’ultimatum di Pastrana.

 

Nei giorni scorsi è apparso chiaro che Pastrana, i suoi generali e l’ambasciatrice statunitense Anne Patterson, avevano fretta di rompere il dialogo. Piazzata nel palazzo presidenziale, la stessa Patterson “consigliava” la rottura, dettava condizioni al presidente e consegnava ufficialmente altri aiuti militari nella base di Sumapaz, in un atteggiamento che molti colombiani qualificano da “Vice-re delle Indie”.

 

A bocca asciutta, per il momento, il Ministro della difesa Gustavo Bell e gli irritati vertici delle forze armate, che nei giorni scorsi hanno mobilitato migliaia di soldati verso la zona smilitarizzata.

 

Ma, nonostante la ripresa del dialogo, la situazione resta molto difficile. Secondo lo stesso ex-ministro Ramirez Ocampo «il governo tenta di coprirsi le spalle e di garantirsi l’appoggio per affrontare la guerra in caso di rottura totale».

Anche se gode dell’appoggio statunitense e di quello di Solana, (rappresentante Ue per la politica estera) non sembra per il momento che l’opzione di guerra possa contare su un fronte abbastanza ampio sul versante internazionale e nell’opinione pubblica interna.

 

C’è da sottolineare infine che la “questione droga” è assente dai discorsi ufficiali, confermando, se ce ne fosse bisogno, la pretestuosità del tema, non più necessario per la militarizzazione. Come in Medio Oriente, la “lotta antiterrorista” è pretesto sufficiente anche per il governo colombiano che cerca di capitalizzare il nuovo contesto internazionale.