Colombia: Le Farc propongono anche all’Italia un piano per la riconversione delle coltivazioni di coca

 

La proposta delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia-Esercito del
Popolo per risolvere il problema delle coltivazioni di coca si fonda su
alcuni principi irrinunciabili. Innanzitutto, viene contestata la linea di
azione del governo e del Plan Colombia, basata sulla fumigazione
indiscriminata di intere aree e sul finanziamento della repressione militare
dei contadini coltivatori. Come hanno riconosciuto gli oltre 50 interventi
delle organizzazioni contadine durante la “Conferenza internazionale sulle
coltivazioni illegali” svoltasi a San Vicente del Cagu‡n, le fumigazioni
sono estremamente dannose per le coltivazioni legali e per la salute degli
abitanti, danneggiano gravemente le condizioni del suolo, rendendolo
inutilizzabile e costringono i contadini, senza alternative di sostentamento, a spostarsi e a distruggere ulteriormente il patrimonio boschivo. In alternativa alle linee di azione del governo, le Farc hanno elaborato un piano che prevede meccanismi di partecipazione della popolazione articolati a livello locale che coinvolgeranno rappresentanti delle organizzazioni economiche e sociali, delle Ong ambientali, oltre alle
comunitˆ e agli enti locali. Il progetto pilota dovrebbe essere implementato, nell’arco di cinque anni, nell’area di Cartagena del Chairà, municipio con un’estensione di 1.316.000 ettari, di cui 8.765 sono attualmente destinati alla coca. Coltivazione che coinvolge 3.285 famiglie e che complessivamente influisce sull’intera economia della zona. Per rendere
possibili e redditizie le coltivazioni alternative, il piano prevede la
realizzazione di infrastrutture stradali, ferroviarie e aeroportuali, la costruzione di scuole e ospedali nei villaggi come nelle campagne, il
miglioramento dei servizi sociali essenziali per la popolazione, la
creazione di un mercato locale per i prodotti sostitutivi della coca e per l’accesso al mercato nazionale e internazionale. E’ ovvio che nell’assenza di tali condizioni, la sostituzione delle coltivazioni illegali non sarebbe in
grado di garantire la sopravvivenza nè dei contadini, nè degli abitanti
delle città. Si tratta, insomma, di ricostruire l’intero tessuto economico e
sociale della zona, attraverso un processo di coinvolgimento attivo e di
controllo da parte della popolazione interessata, oltre che degli
investitori nazionali ed internazionali, chiamati ad assumersi la
responsabilità della risoluzione di un problema che oltrepassa i confini
della Colombia. Tra questi figura l’Italia, che fa parte dei paesi che
dovrebbero finanziare il Piano e valutarne l’esecuzione, anche in vista di
una sua estensione ad altre aree del paese. L’unica alternativa plausibile,
sostengono le Farc, è l’azione congiunta di tutti gli attori interessati per
mettere le popolazioni in grado di ricavare un reddito dignitoso dalle
attività produttive legali. Per questo motivo, tra i punti del piano proposto, figurano le condizioni salariali da garantire ai contadini e la previsione di centri di acquisto e di rivendita comunitari per i loro prodotti, al fine di smantellare l’attuale sistema dei prezzi, gonfiato dall’economia della coca. A livello generale, il piano prevede lo sviluppo del settore del turismo ambientale, in grado di assicurare crescita economica e sviluppo sostenibile. Le Farc, inoltre, pongono l’accento sul ruolo deleterio dei principali Paesi consumatori di cocaina (Usa in testa, ma anche l’Europa), che non solo costituiscono un mercato, ma forniscono anche i prodotti chimici necessari alla trasformazione della materia prima. Se non
si agisce sui due versanti della produzione e del consumo, infatti, il
problema sarà difficilmente risolvibile. Le Farc dunque avanzano anche la
proposta di legalizzare il consumo delle droghe, “unica alternativa seria
per eliminare il narcotraffico”.