Il filtro tra l’impresa-Italia e il mondo

Di Marco Consolo – Il Manifesto 13 febbraio 2000

La Sace è l’organismo che assicura lauti finanziamenti alle imprese italiane motivandoli anche con «obiettivi di sviluppo» locale. E cosi trai clienti della Sace c’è stato e c’è ancora il «gotha» delle imprese italiane che lavora con il cosiddetto  “terzo mondo”: Fochi, De Lieto, Scarpellini, Vianini, Artemisia, Ansaldo, Gie, Astaldi, S.E.C., Impregilo ed altre. A tutte queste imprese la Sace ha dato soldi in abbondanza. Si valuta che di indennizzi per sinistri la Sace abbia erogato dal 1977 una media di 2.500 miliardi all’anno. Negli «anni d’oro» è stata una delle casseforti del CAF (Craxi-Andreotti-Forlani). La Sace ha svolto un ruolo di potere e di corruzione, ideato e gestito sino al 1985 da Ruggero Firrao, stretto collaboratore del ministro Gaetano Stammatì e con lui associato nella dimenticata loggia massonica P2, ancora in piena attività.

Purtroppo, le poche inchieste della magistratura hanno solo sfiorato i veri nodi del problema. Durante quelle inchieste, uno dei più eminenti dirigenti Sace, Roberto Bonfigli, raccontò un po’ di fatterelli che coinvolgevano tutto il vertice Sace, dal vecchio direttore Firrao, che continuava a comandare da un ufficio di consulenza di Lugano, all`ex-direttore Ruberti ed altri ancora, Ma il sistema è ancora sostanzialmente intatto. Più in generale, in Italia, il nodo è la politica economica estera del nostro governo, Infatti, se da un lato non ha senso parlare di libero commercio (visti i lauti sussidi alle imprese], dall`altro bisogna tener conto che i crediti commerciali rappresentano quasi un quinto del debito estero dei paesi poveri. Quote di debito che sono già state vendute sul mercato secondario quando era ministro Ciampi [1400 miliardi) e che sembra siano oggetto di una prossima operazione di “titolarizzazione” per altri 4.000 miliardi. Anche l’Italia quindi, oltre a subordinare qualsiasi intervento di riduzione del debito all’applicazione dei famigerati Piani di Aggiustamento Strutturale della Banca Mondiale, continua ad incassare allegramente dai paesi poveri.

Come se non bastasse, la Sace assicura anche le vendite di armamenti.

Riassumendo: soldi pubblici per prodotti privati, per strangolare di debiti ì Paesi poveri, per vendere armi a più non posso. Alle numerose interrogazioni parlamentari di Rifondazione si è sempre risposto in maniera vaga ed ambigua. Una nube di mistero copre le attività della Sace, tanto che non è dato sapere neanche le imprese che hanno goduto dei suoi servigi e soprattutto per che tipo di operazioni, Ma ci tocca — a noi di Rifondazione comunista!- di invidiare sinceramente la trasparenza della Sace statunitense (la Ex-im Bank) che pubblica in Internet i verbali delle riunioni del consiglio di amministrazione. Il parlamento deve poter controllare ogni singola operazione, anche in corso di approvazione.

Sul versante del lavoro, appare urgente una valutazione di impatto su]l’occupazione, siain Italia che al.l’estero, dove una volta spostati gli impianti, le imprese pagano salari da fame, non rispettano alcun diritto sindacale e così via. Fino ad oggi è stata fallace l’idea che la politica di incentivi alle imprese ed al commercio abbia incentivato l’occupazione. La stessa legge sugli incentivi pubblici alle imprese (da cui è esclusa la Sace) che obbliga il governo alla presentazione di uno studio di impatto occupazionale ed ambientale è carente su questo versante. È necessario che vi rientrino anche le attività della Sace e che la concessione delle garanzie tenga conto dei parametri occupazionali. I rientri degli interessi dei crediti d’aiuto e dei crediti commerciali, attualmente gestiti dal Ministero del Tesoro con logiche ragionieristiche e monetariste, devono confluire in un unico fondo ed essere utilizzate per finanziare progetti di sviluppo e cooperazione internazionale e non ulteriori profitti per poche imprese, magari produttrici di armi.

Anche sul versante della tutela ambientale, ad oggi la Sace non prevede linee guida da rispettare e la copertura assicurativa viene decisa in base a valutazioni di impatto ambientale redatte dalla stesse imprese. Un caso per tutti: la diga Ilisu nel Kurdistan turco, a cui partecipa l’italiana Impregilo, di cui la Sace assicura 1’8%, un progetto da cui si è ritirata la stessa Banca Mondiale dal 1984, in quanto viola le sue politiche operative in materia ambientale e sociale.

Qual è la coerenza con le «politiche di sviluppo» attraverso altri strumenti come la «cooperazione internazionale» ? Chi garantisce che la Sace non contribuisca alle delocalizzazioni industriali? Quali garanzie vengono richieste per il rientro dei lauti profitti realizzati all’estero o attraverso gli indennizzi Sace in termini di investimenti produttivi in Italia?

Chi si batte contro il neo-liberismo, contro le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), contro il proliferare del commercio delle armi, contro lo scempio ambientale deve assumere anche questo come terreno di iniziativa e di battaglia politica. Per questo va lanciata una campagna in Italia (come già esiste in campo internazionale) coinvolgendo le strutture sindacali, le campagne sul debito estero, le Ong, il mondo missionario, gli ambientalisti.

Che la Sane non sia più un Ufo dipende anche da noi.