I nemici della cooperazione

Annullato un lavoro di quattro anni per l’ostilità della Farnesina

Di Vittoro Bonanni – Liberazione 11-3-2001

 

Marco Pezzoni, deputato dei Democratici di sinistra, è stato relatore alla Camera della nuova legge per la cooperazione allo sviluppo. La persona più indicata dunque per avere un parere sul grave fallimento di una normativa realizzata in quattro anni di duro lavoro.

 

Ci puoi dire in che modo si è realizzato questo grave affossamento di una legge che era assolutamente necessaria nel nostro paese?

Tre mesi fa è venuta a galla in modo molto evidente una fortissima resistenza interna alla Farnesina.

E questa resistenza si è sempre più manifestata con una chiara e netta opposizione ai punti qualificanti della riforma. I vertici diplomatici hanno elaborato delle vere e proprie controproposte alla nostra riforma trovando udienza nel ministro Dini. E’ ovvio dunque che c’è stata una saldatura tra l’opposizione del vertice dei diplomatici alla Farnesina e il ministro, che a questo punto porta la principale, anche se non esclusiva, responsabilità politica di avere ostacolato nella fase finale l’approvazione di una legge che è costata quattro anni di lavoro al Senato e alla Camera.

 

E’ stato un fulmine a ciel sereno oppure c’era già stato qualche preavviso che faceva temere un esito di questo tipo?

Devo dire che qualche segnale di questo tipo c’era già stato. Per esempio quando nella dirittura d’arrivo al Senato c’era stato un confronto molto aspro all’interno della maggioranza di centro-sinistra con alcuni ministri, perché già allora era emersa una qualche forma di resistenza e di obiezione.

 

In particolare da parte del Tesoro e soprattutto delle Finanze di allora, soprattutto per una serie di “nuovi diritti”, ovvero di agevolazioni internazionali e fiscali maggiori rispetto alla vecchia legge 49, che venivano riconosciuti ad altri soggetti, come il Commercio equo e solidale e le ong. C’è stato un confronto che ha ridimensionato quel tipo di agevolazioni escludendo il Ces anche perché non esiste una  legge quadro che lo identifica bene. Così come c’era stata un’opposizione da parte di alcuni vertici della Farnesina su alcune questioni, in particolare sull’autonomia dell’agenzia per lo sviluppo.

Divergenze che però erano state superate positivamente grazie ad un vertice ministeriale, a cui partecipò anche il Presidente del Consiglio di allora, Massimo D’Alema.

Dopo una serie di incontri con le ong, l’Arci, le Acli, rappresentanti del  volontariato e anche della Conferenza episcopale italiana, si decise di fare una forzatura o meglio di assumersi la responsabilità di procedere con la legge, seppur con delle limature. Fu così che al Senato questo provvedimento, che aveva raccolto contenuti di diverse parti politiche, da Rifondazione comunista al Ccd, al Cdu fino a parti di Lega nord e di Forza Italia, aveva assunto sempre più un carattere di iniziativa parlamentare trasversale e di amplissimo consenso, rafforzato poi alla Camera. La legge introduceva inoltre forti elementi di innovazione, come la parlamentarizzazione del programma triennale – che doveva poi diventare annuale – di cooperazione, ovvero lo spostamento della discussione dalla commissione all’aula.

Quali sono stati gli elementi che hanno, diciamo così, spaventato gli oppositori di questa legge?

Sono stati quattro punti, ma quello fondamentale riguardava l’autonomia dell’agenzia esterna alla cooperazione che avrebbe gestito direttamente i fondi, fuori dalla competenza della Farnesina. Il ministero la vuole invece interna, o, se esterna, doveva vedere ridotta la sua autonomia.

 

Il secondo elemento riguarda il fondo unico.   Nella riforma della cooperazione accanto all’agenzia doveva nascere questo fondo unico, in cui tutto veniva unificato appunto in un fondo che garantiva più trasparenza e che sarebbe stato rifinanziato di volta in volta dalle finanziarie. Ebbene anche su questo la Farnesina ha detto no.

Poi c’è stato un altro no alla parlamentarizzazione e quindi al fatto che si andasse direttamente in aula a decidere le politiche di solidarietà internazionale.

 

Il quarto ed ultimo  no riguardava la nomina di  un sottosegretario delegato per legge che in un certo senso era anche quello che teneva i contatti tra la Farnesina e dunque la politica estera, e la  cooperazione. Anche su questo un altro no, perchè il sottosegretario, per la Farnesina, deve essere scelto dal ministro.

Quindi quattro no pesanti che di fatto hanno cambiato e fatto fallire l’insieme della riforma.

 

Nicoletta Dentico, di Medici senza frontiere

«Una delle più grandi sconfitte per un governo di centro-sinistra»

 

«Innanzitutto vorrei sottolineare una questione – dice Nicoletta Dentico, direttore della sezione italiana di Medici senza frontiere – ovvero che per realizzare questa legge si è lavorato dal gennaio 1997 fino ad oggi. Si è trattato dunque di un iter faticosissimo, durante il quale ci sono state moltissime revisioni, dovute ai moltissimi interessi che a mo’ di falco si sono gettati sopra questa legge. In primo luogo quelli dei diplomatici che, senza soluzione di continuità, sono intervenuti su questo disegno di legge, con conseguenti frustrazioni della società civile e delle ong in particolare».

 

Per la Dentico va ricordato che il risultato di questo legge «non era straordinario. Era chiaramente il frutto di un negoziato serratissimo e di una continua rivisitazione dell’iniziale spirito che l’aveva animata. Tuttavia c’erano molti valori che andavano portati avanti e che dovevano essere approvati». La dirigenti di Msf ricorda come, all’ultimo, sia arrivata la stroncatura della  Confindustria: «Tognana, vicepresidente della Confindustria, qualche settimana fa ha considerato la legge sulla cooperazione un blocco alla concorrenza e le leggi del mercato».

 

«Il grande rimpianto – dice Nicoletta Dentico – è che un governo di centro-sinistra sia stato alla fine  succube degli interessi forti ed abbia accettato questo gioco del continuo revisionismo e dell’affossamento della legge. Mi sembra che questa sia stata una delle più grandi sconfitte per un governo di centro-sinistra».

 

Tom Benettollo, presidente dell’Arci

«Immorale affossare un testo che avrebbe aiutato i più poveri»

 

E’ indignato Tom Benettollo, presidente dell’Arci, per l’affossamento della legge per la cooperazione allo sviluppo: «Era una legge molto attesa – dice Benettollo – soprattutto per il bene che avrebbe potuto fare nei paesi del Sud del mondo, dove c’è bisogno di una forte azione di cooperazione per lo sviluppo. E’ un grave errore politico stanziare una quota del Pil così bassa, lo 0,12, destinato alla cooperazione, ed è stato un errore non aver approvato questa legge. Non si trattava di una norma corporativa per le ong, ma doveva essere uno strumento contro la fame e il sottosviluppo.

In un momento in cui centinaia di milioni di persone vivono con meno di un dollaro al giorno è veramente un fatto immorale che non ci sia un impegno del nostro paese in questa direzione». «Ora non bisogna rassegnarsi – sottolinea Benettollo – le ong e le associazioni che fanno solidarietà devono impegnarsi per rilanciare la battaglia, chiedere impegni e garanzie a tutte le forze della sinistra e del centro-sinistra perché questo errore venga recuperato, che, ripeto, non si tratta di un errore che noi valutiamo dal punto di vista di una associazione o di una ong, ma dal punto di vista di quelli che aspettano di poter uscire da condizioni spesso terribili e hanno chiesto all’Italia di fare la sua parte».