Un no ai diktat di Washington

Di Marco Consolo – Liberazione 15 dicembre 1999

Con la vittoria elettorale dell’ex colonnello Hugo Rafael Chavez Frias, nel dicembre 1998 il Venezuela volta pagina. ll protagonista del fallito colpo di stato del 1992, che gli costerà due anni di carcere, inaugura cosi uno dei processi più controversi ed interessanti dell’America Latina.

La vittoria di Chavez si colloca nella grave crisi di un regime politico dominato da una profonda corruzione, alla base di molti dei problemi che ‘ investono il paese latino-americano. Dopo la vittoria elettorale del suo “Polo Patriottico” (Pp), Chavez dichiara la volontà di costruire la “Repubblica Bolilvariana del Venezuela”la quinta nella storia di questo importante paese, secondo produttore mondiale di petrolio e ricchissimo di materie prime. La caduta della dittatura militare di Marcos Perez Jimenez nel 1958, dà vita ad un regime bipartitico di alternanza, dominato dalla socialdemocratica Accion Democratica [Ad) e dal democristiano COPEI (Comitato d`0rganizzazione politica elettorale indipendente). Un sistema che garantiva stabilità politica, attraverso la ripartizione dei privilegi e delle alte cariche pubbliche e dei centri strategici del potere. Nel 1976, l’allora presidente Carlos Andres Perez nazionalizza l’ industria petrolifera e crea la Società Anonima Petrolio del Venezuela (Pdvsa). Il Venezuela diventa il secondo fornitore di petrolio degli Usa (dopo l’Arabia Saudita) ed il primo di benzina. Il forte rialzo del greggio fa incassare allo stato ben 270 miliardi di dollari, di cui quasi 100 finiti sui conti esteri di pochi corrotti. Ciò che resta viene utilizzato per ampliare la spesa pubblica attraverso un sistema di sussidi statali che garantisce consenso sociale e stabilità.

La rivolta del 1989

La caduta del pieno del greggio e le imposizioni del Fondo Monetario Internazionale provocano forti tagli alla spesa pubblica: il tasso di disoccupazione è altissimo e cresce a dismisura l’economia “`l[1f0l’II1ììl€’; che occupa la maggioranza degli abitanti delle bidonvilles di Caracas. Nel febbraio del 1989 scoppia una violenta protesta popolare, soffocata nel sangue dal governo socialdemocratico, con diverse migliaia di morti secondo l’0pposizione. A questo episodio Chavez fa risalire la sua decisione di tentare il fallito colpo di stato del febbraio 1992, che gode dell’appoggio di parte dell’esercito e degli universitari di sinistra. Chavez passa due anni in carcere, fino a quando, grazie alla pressione popolare e ad un indulto presidenziale, riconquista la libertà. Da allora si dedica alla costruzione del Movimento Quinta Repubblica (Mvr), elaborando il suo “programma alternativo bolivariano” che farà conoscere viaggiando in tutto il paese fino alle elezioni politiche del 1998 che vincerà nonostante il forte astensionismo (45%). Le elezioni presidenziali del 6 dicembre vedono la confluenza nel neonato Polo Patriottico di settori molto eterogenei: i militari progressisti che avevano sostenuto il tentativo di golpe, il piccolo Partito Comunista, il Movimento al Socialismo (Mas), il Movimiento Electoral del Pueblo, il Partito Patria para Todos. A nulla servono i tentativi della coalizione oppositrice, il Polo Democratico (Pd) che riunisce Ad, COPEI e l’imprenditore ultraliberista Henrique Salas Romer ed il Polo Patriottico vince con il 57%.

La fine di un’epoca

«E’ la fine di un’epoca segnata dal bipartitismo della democrazia rappresentativa» dichiarerà il neo-presidente Chavez, Le priorità del suo programma sono quelle politiche istituzionali, con la dichiarata necessità di riscrivere la Costituzione per costruire una democrazia partecipativa, rompendo con la tradizione centralista. Sul versante economico dichiara di voler contrastare il capitalismo selvaggio e di ridare allo stato un ruolo di promozione dello sviluppo economico e sociale al servizio della popolazione. Una offensiva diplomatica lo porterà a visitare gli Usa ed alcuni paesi europei (tra cui l’Italia) nel tentativo di  tranquillizzare gli investitori stranieri, sia statunitensi che europei.

Sul versante delle politiche sociali l’obiettivo dichiarato è garantire sanità, istruzione, casa, lavoro ed un salario equo per tutti. A chi gli contestala mancanza di fondi per questo ambizioso programma, Chavez risponde paventando la possibilità di recuperare risorse importanti dal pagamento del debito estero che strangola il paese.

Ma la contraddizione più stridente con il dominio degli Stati Uniti sul loro “cortile di casa” è la volontà di una politica estera sovrana ed indipendente, basata sulla pace, il rispetto e l’integrazione regionale. Sullo sfondo il richiamo a Simon Bolivar, il “libertador” ed al progetto della grande patria latinoamericana, Una rivendicazione di autonomia in totale rotta di collisione con gli Usa: dopo molti anni all’Onu il voto del Venezuela non corrisponde ai diktat statunitensi, si rompe l’isolamento di Cuba. E dopo l’incontro con il neo-presidente colombiano Andres Pastrana ed i dirigenti della guerriglia, Chavez vieta lo spazio aereo ai voli statunitensi ufficialmente dedicati alla lotta al narcotraffico, ma in realtà contro la guerriglia. Un momento molto delicato, dato che gli Usa hanno restituito ai panamensi la sovranità del Canale ed installato le loro basi nelle isole olandesi di Aruba e Curacao, di fronte alle coste venezuelane, mentre rafforzano la presenza militare in Colombia ed il suo accerchiamento.

Il 25 aprile scorso, data della nascita di Simon Bolivar, si vota ancora per la Assemblea Costituente ed il Polo Patriottico ottiene il 96% dei voti, L’opposizione è alle corde e i centri di potere legati agli Usa mordono il freno, Mentre la disoccupazione ufficiale è al 20% e l’economia informale occupa · circa il 50% della popolazione attiva, l’aumento del prezzo del petrolio a quasi 15 dollari il barile può ampliare le riserve di valuta di quasi 20 miliardi di dollari, e garantire a Chavez un margine di manovra più ampio.