Cile, vincono opposizione e astensione

In Cile lo scorso 28 ottobre si è votato per eleggere 345 sindaci e più di 2000 consiglieri comunali, ma i risultati e gli schieramenti  di questa tornata di elezioni amministrative si proiettano sulle elezioni presidenziali e politiche del 2013.
In Cile si votava per la prima volta con la nuova legge elettorale che prevede l’iscrizione automatica (prima bisognava registrarsi personalmente), e il voto volontario (in precedenza era obbligatorio), fatto che a sua volta ha aumentato il numero dei cileni con diritto di voto  da 8,1 a 13,4 milioni di persone.    La legge non permette il voto dei cileni all’estero. Grazie alla nuova legge, gran parte della campagna elettorale si è concentrata sul voto dei giovani, di cui molti iscritti d’ufficio per la prima volta, ma gran parte di loro sono rimasti a casa.
Tra le grottesche anomalie di questa giornata, c’è da segnalare che nel registro elettorale appariva addirittura  l’ex-presidente Salvador Allende,  dirigente della Unidad Popular, scomparso durante il colpo di Stato di Pinochet.  Insieme a lui c’erano molti dei  desaparecidos  e delle vittime della dittatura.

La valanga astensionista
Errori politico-anagrafici a parte, con una percentuale  di circa il 60% a livello nazionale, come in Sicilia, la vera sorpresa è stata l’enorme astensione.  Dei  13,4 milioni di persone con diritto al voto,  solo  5,5 milioni sono andati alle urne. La bellezza del  21% in meno delle elezioni del  2006, dove avevano votato quasi 7 milioni di cittadini.  Ciò  nonostante l’aumento di 5 milioni di elettori grazie alla nuova legge.  Ci sono stati casi come il liceo B36 del municipio di Recolecta, a  Santiago, dove ben 16 seggi non hanno ricevuto neanche un voto.
L’astensione era stata pronosticata da molti analisti come un “non voto castigo” alla politica tradizionale, arrogante e distante dai bisogni reali della popolazione  (casa, educazione, salute, pensioni) e dalle istanze dei movimenti  (in primis quello studentesco).  E allo stesso tempo mette a nudo la crisi che colpisce una istituzionalità basata su una Costituzione ereditata dalla dittatura militare di Pinochet (1973-1990).

Gli schieramentiNella battaglia elettorale si sono affrontati almeno quattro schieramenti. La destra, con la lista ”Alleanza per il cambio” (Uniòn Democratica Independiente-UDI e Renovaciòn Nacional-RN). Una parte del Centrosinistra (Partito Socialista-PS e la Democrazia Cristiana-DC) organizzato nella “Concertaciòn”, coalizione che ha governato il Paese dalla fine della dittatura fino alla vittoria di Piñera.
Il Partito Comunista cileno che aveva formato l’alleanza “Por un Chile Justo” (con due partiti della Concertaciòn, il Partido por la Democracia-PPD ed il Partido Radical Socialdemocrata-PRSD). Decisiva è risultata la firma di un patto di desistenza con le altre due forze della Concertaciòn, la DC ed il PS (politicamente sempre più vicini).
La quarta lista è stata quella del Partido Progressista (PRO).  Il PRO nasce nel 2010 dopo la sconfitta alle presidenziali del suo candidato, l’ex-socialista Marcos Enriquez Ominami,  “contro il duopolio” ed ha ottenuto la legalizzazione solo da pochi mesi, riuscendo a formare il “Cambio por ti”. Un  patto che riunisce il PRO, i Socialisti Allendisti, il Partido Ecologista Verde ed uno dei settori degli aborigeni Mapuche.  Anche il PRO ha firmato un patto di desistenza con la Concertaciòn, e con l’alleanza “Por un Chile Justo”, riuscendo ad eleggere alcuni sindaci, in particolare ad Arica, Calama, Copiapò e l’Isola di Pasqua.

Risultati
In un quadro di astensionismo crescente, la destra (al governo nazionale) ha comunque subito una sconfitta di proporzioni enormi, soprattutto nelle sue roccaforti simboliche dominate da alcune figure chiave. Tra i municipi persi dalla destra e vinti da tre donne, vale la pena citare Providencia, Santiago e Nuñoa, (municipi della capitale Santiago) e la città di Concepciòn nella regione del Bio-Bio.
Tra le sconfitte più amare della destra c’è quella di Providencia, dove Josefa Errazuriz, una dirigente sociale e candidata indipendente, ha battuto Cristiàn Labbè. Quest’ultimo, che correva per il suo quinto mandato, è un ex-colonnello dell’esercito, agente e torturatore della polizia segreta di Pinochet, la famigerata Dirección de Inteligencia Nacional (DINA), nonché incaricato della sicurezza del dittatore. La nuova sindaca,  indipendente, è stata votata su chiare basi programmatiche condivise in primarie aperte, ed è riuscita a unificare uno schieramento andato molto oltre i partiti dell’opposizione, coinvolgendo organizzazioni sociali e territoriali che hanno costruito in maniera partecipata il programma di governo.
La destra ha perso anche la roccaforte del municipio di Santiago centro a favore di Carolina Toha, faccia nota della Concertaciòn, candidata del Partido por la Democracia, che ha sconfitto Pablo Zalaquet, de la UDI. Zalaquet perde anche nel seggio dove ha votato il Presidente Piñera.
Anche nel municipio di Ñuñoa, per 92 voti vince Maya Fernández, una delle nipoti di Salvador Allende, che sconfigge il sindaco Pedro Sabat,  in carica da 18 anni. Designato dalla dittatura militare (1987-89)  era stato poi eletto dal 1996 fino al 2012.
Sorpresa nel municipio di Estación Central, dove Camilo Ballesteros, dirigente studentesco comunista, ed il più giovane dei candidati a sindaco,  non ce la fa per un soffio, arrivando al 48% dei voti. Sempre a Santiago passa invece Daniel Jadue, candidato comunista che vince nel municipio di Recolecta.
Fatte salve le peculiarità dei singoli territori e delle alleanze locali, in generale le liste della coalizione di governo hanno ottenuto il 37,4 % , eleggendo 121 sindaci, mentre due liste dell’opposizione (Concertaciòn e Por un Chile Justo) hanno ottenuto il  43,1 % con 168 sindaci.

Doccia fredda per la destra
Sconfitta della destra al governo e forte astensione.  I risultati sono stati una doccia fredda per la destra e per lo stesso Presidente Sebastian Piñera, tanto  che le notizie sulle elezioni sono scomparse dagli articoli dei grandi giornali, saldamente in mano alla destra. Ma il fatto che la maggioranza dei cileni non sia andata alle urne preoccupa  tutti i partiti in vista delle elezioni presidenziali e politiche del novembre 2013.
Oltre al sistema di voto volontario, i principali fattori che spiegano questo fenomeno, sembrano essere  la crisi della rappresentanza politica e la mancanza di risposte alle  richieste sollevate dai movimenti sociali.
Difficile dire oggi quali saranno gli schieramenti per le prossime elezioni e soprattutto i loro programmi. Di certo tutti i partiti sia di governo che di opposizione, così come i diversi movimenti sociali (a partire da quello sindacale e da quello degli studenti) sono obbligati a riflettere e a mettere a punto una diversa strategia per la transizione cilena.