COLOMBIA: col pretesto della droga

Guerre e Pace (n.75) dicembre 2000

Le devastazioni ambientali, gli ostacoli ai negoziati di pace e i rischi di estensione del conflitto innescati dal Plan Colombia, ufficialmente voluto dagli Usa per combattere il narcotraffico, ma in realtà mirante a ridisegnare la loro presenza nel continente

L’applicazione del modello neo-liberalista in America latina, da sempre “cortile di casa” degli Stati Uniti, trova oggi resistenze in tutto il continente. Se il Venezuela di Chávez cerca il proprio riscatto “bolivariano”, in Bolivia i contadini si battono contro le privatizzazioni dell’acqua e la repressione dei “cocaleros”, in Brasile le recenti elezioni amministrative hanno visto la significativa avanzata del Partito dei Lavoratori, e nell’Ecuador “dollarizzato” il fuoco cova sotto la cenere.

LA GUERRIGLIA IMPONE LA TRATTATIVA

In Colombia il conflitto armato va avanti da quasi quarant’anni senza soluzione di continuità. Da una parte le diverse formazioni guerrigliere che si sono succedute nel tempo con alterne vicende. Dall’altra i governi conservatori e liberali, espressioni di un’oligarchia dominante poco disponibile a cedere quote di potere.

Il movimento guerrigliero più antico e forte del continente è attualmente quello delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia-Esercito del Popolo (Farc-Ep), presenti in tutto il paese e che preoccupano fortemente la Casa Bianca. La loro avanzata militare costringe il governo del conservatore Pastrana ad aprire un negoziato con la guerriglia che, dal gennaio 1999, si svolge pubblicamente nella zona smilitarizzata di S. Vicente del Caguàn, nel sud del paese.

LA RISPOSTA DEGLI USA

È così che nei pensatoi del Pentagono ha preso vita il Plan Colombia (vedi “G&P”, n. 70/71), approvato dal congresso statunitense per un ammontare di 1.300 milioni di dollari. Un piano bellico ufficialmente antidroga, ma che in realtà ridisegna la presenza statunitense nell’intero continente. Presentato da Pastrana, secondo diversi analisti è stato scritto a quattro mani direttamente dal Pentagono e da funzionari della Occidental Petroleum, una multinazionale petrolifera con forti interessi in Colombia, e nel cui consiglio di Amministrazione siede Al Gore.

Fanno gola il petrolio, ma anche le immense ricchezze idriche, la bio-diversità amazzonica, oltre alle banane, agli smeraldi e al controllo della produzione di coca, da sempre nelle mani di un perverso intreccio tra latifondisti, forze armate e ceto politico che non esitano a ricorrere agli squadroni  paramilitari per soffocare nel sangue la protesta.

MANOVRE CONTRO IL NEGOZIATO DI PACE

Il processo di pace ha trovato da subito ostacoli enormi, e gli Stati Uniti hanno fatto e stanno facendo l’impossibile per farlo saltare. Non sono mancate e non mancheranno provocazioni sia in Colombia che alle frontiere, con azioni attribuite alla guerriglia e in realtà condotte dai servizi segreti colombiani, dai paramilitari o direttamente dalla Cia per delegittimare il negoziato,  regionalizzare il conflitto, mostrare la guerriglia come un “pericolo per l’intero continente”.

Più sofisticata l’accusa di esclusione della “società civile” da un negoziato che coinvolgerebbe “le cupole” senza tener conto degli “attori sociali”. La realtà è che lo schema negoziale tra le Farc-ep e il governo colombiano si è realizzato attraverso la creazione congiunta di un “tavolo nazionale di dialogo” e di un Comitato Tematico. Dal gennaio 1999 nella zona smilitarizzata di S. Vicente del Caguàn, si sono svolte 25 “audiencias publicas” sui temi principali dell’agenda sociale ed economica del paese, in particolare la crescita economica e la creazione di occupazione: 9 con un’iscrizione aperta a tutti, una con ambasciatori di 25 paesi (tra cui l’Italia) su “ambiente e coltivazioni illecite”, 15 assemblee speciali con settori sindacali, università, movimento cooperativo, lavoratori dei settori strategici e dei servizi pubblici, comunità afro-colombiane e indigene, donne, giovani e studenti, lavoratori dell’arte e della cultura, piccole e medie imprese, insegnanti e rifugiati di guerra.

Ad oggi, alle assemblee, trasmesse in diretta Tv con una media di circa 1.200.000 spettatori, hanno partecipato 23.631 persone, con 1.042 interventi sui diversi temi. Attualmente sono al vaglio delle commissioni comuni tra governo e guerriglia. Lungi dal trattarsi di trattative private tra “cupole”, quindi, la partecipazione è stata senz’altro rilevante in un paese in cui il dissenso significa repressione e morte. È anche contro questo schema negoziale che è stato disegnato il Plan Colombia.

L’IMPATTO AMBIENTALE DEL PLAN COLOMBIA

Oltre alla componente militare, il Plan prevede l’uso indiscriminato delle fumigazioni delle piantagioni di coca, una strategia che ha fatto fiasco negli anni passati visto che l’area coltivata si è addirittura quintuplicata dall’inizio delle stesse.

Le fumigazioni sono realizzate con l’erbicida “glifosato”, uno degli erbicidi chimici più importanti della multinazionale Monsanto, introdotto in America Latina da 25 anni. Commercializzato con il nome di Roundup, garantisce un fatturato di 1.200 milioni di dollari l’anno. È classificato come un erbicida della categoria tossica III, che richiede cautela nel suo utilizzo perché può provocare seri problemi gastrointestinali, vomito, polmonite, distruzione dei globuli rossi del tessuto della mucosa polmonare.

Ma forse il rischio principale è rappresentato dall’utilizzo del fungo transgenico Fusarium oxisporum,  avversato da molti scienziati e ambientalisti per i danni incalcolabili che potrebbe provocare soprattutto nei confronti della bio-diversità della regione amazzonica. Il fungo avrebbe inoltre la capacità di mutare geneticamente e di disperdersi sterminando altre coltivazioni, dato che è una specie che varia in base alle condizioni che incontra e può mettere a rischio la vita umana, specialmente in pazienti con immunodeficienze.

Il Fusarium oxisporum

Introdurre il fungo in un ecosistema complesso come quello amazzonico potrebbe attaccare  coltivazioni importanti come la yuca, alimento dal quale dipendono le popolazioni indigene oltre che disperdersi sulla costa con effetti sulle coltivazioni di caffè, banane ecc. La stessa Amazzonia potrebbe trasformarsi in un centro di contaminazione, con una catastrofe ecologica i cui effetti potrebbero durare molti anni dato che il fungo può mantenersi vivo per più di venti anni e si trasmette per acqua, terra, aria. Il Fusarium oxisporum è catalogato nella bozza di Protocollo della Convenzione di Armi Biologiche e Tossiche come “agente biologico per la guerra” e una volta liberato nell’ambiente “i  suoi effetti sono imprevedibili”.

Il fungo non conosce frontiere e può attaccare la biodiversità non solo in Colombia, ma anche in Brasile, Perù, Venezuela o Ecuador. In quest’ultimo la preoccupazione è così forte che lo stesso ministro dell’Ambiente, Jorge Rendòn, ne ha proibito l’utilizzo nel paese per decreto e ha negato che si siano realizzati esperimenti. Mentre il Ministro dell’Ambiente colombiano, Juan Myer, nonostante le smentite, secondo il “New York Times” avrebbe accettato sotto forti “pressioni degli Stati Uniti” di provare l’efficacia del fungo in territorio colombiano.

DIFFICOLTÀ E RISCHI DELLA POLITICA USA

Ma anche ilPlan sta incontrando ostacoli e suscita peoccupazioni. Innanzitutto nella recente Conferenza dei capi di stato del continente a Rio de Janeiro, gli Stati Uniti hanno faticato non poco per convincere i mandatari della sua bontà. Clamorosa è stata poi la riunione dei ministri della Difesa latino-americani, tenutasi in Brasile il 17 ottobre scorso, in cui Washington non è riuscita a far approvare nessuna dichiarazione a favore. La stessa Commissione Europea, che ha di recente approvato uno stanziamento risibile (105 milioni di euro fino al 2006), lo ha fatto ai di fuori del Plan, come ha tenuto a sottolineare il portavoce francese della Ue Renaud Vignal.

Inoltre, dall’inizio “ufficiale” del  Plan,  il giorno dopo la visita lampo di Clinton in Colombia lo scorso 30 agosto, le fumigazioni sono aumentate provocando un esodo verso l’Ecuador e in questo paese, l’unico dell’area che appoggia apertamente il piano statunitense, cresce la preoccupazione di un’estensione del conflitto (vedi scheda Il Plan Colombia in Ecuador).

Secondo il generale Renè Vargas, ex comandante dell’esercito e del Comando Congiunto delle Forze Armate ecuadoriane “gli Stati Uniti vogliono scatenare un conflitto in America Latina con il pretesto della droga. […] Ma la guerra si può trasformare in boomerang: e se fino ad oggi si espongono solo soldati latino-americani, vedremo cosa succederà quando inizieranno a morire soldati statunitensi come in Vietnam”. Parola di generale a quattro stelle.