Colombia, una speranza in viaggio per l’Europa

La tappa romana dei negoziatori di Farc e Governo

 

Di Ivan Bonfanti – Liberazione 17-2-2000

I componenti della delegazione di negoziatori colombiani impegnati a portare avanti lo storico processo di pace per porre fine agli oltre 35 anni di guerra civile del paese sudamericano, in questi giorni in visita ufficiale in alcuni paesi d’Europa (Svezia, Norvegia, Francia, Italia, Vaticano, Spagna e Svizzera) hanno lasciato l’Italia con un solo rammarico.

«Un’agenda talmente fitta di impegni e incontri che non abbiamo avuto il tempo per visitare questa splendida Roma» come ammetteva ieri mattina un malinconico Ivan Rios, esponente delle Forze Armate rivoluzionarie (Farc-Ep) e coordinatore del Comitato tematico nei negoziati, mentre il gruppo lasciava (a piedi e senza scorta!) la residenza segreta nel centro della capitale.

 

Per il resto il bilancio del tour europeo «è molto positivo» concordano sia Victor Ricardo, alto commissario per la pace del governo di Andreas Pastrana, che Raul Reyes, portavoce delle Farc al tavolo negoziale: «abbiamo ricevuto segnali importanti da tutti i nostri interlocutori» si è lasciato andare Ricardo. La delegazione “di pace” colombiana, composta da sei membri delle Farc (con Reyes ci sono Joaquin Gomez, Fabian Ramirez, Ivan Rios, Simon Trinidad, Felipe Rincon e Olga Lucia Marin) e da cinque esponenti delle istituzioni e del governo (Victor Ricardo, i negoziatori Camilo Gomez, Fabio Valencia e Juan Uribe, il vicepresidente del Senato, Siro Ramirez e il vicepresidente della Camera, Luis Guerra), da due settimane è impegnata in incontri ad alto livello presso alcuni governi e realtà produttive europee, una missione con lo scopo “ufficiale” di studiare modelli politici ed economici, ma che in  sostanza rappresenta una fase decisiva del dialogo in corso a San Vincente del Caguan, dove prosegue il processo di pace nonostante in molte zone del paese Farc ed esercito continuino a spararsi addosso.

Un viaggio reso possibile dall’intenso lavoro del rappresentante a Bogotà del Segretario dell’Onu Kofi Annan, il norvegese Egelen, e caldeggiato anche dall’opera della Farnesina (che si era già impegnata in incontri riservati per sondare disponibilità e posizioni sul delicato tappeto delle trattative di pace avviate tredici mesi fa) e del parlamento italiano, la cui Commissione esteri lo scorso novembre aveva approvato all’unanimità una risoluzione che impegnava il Governo «a ricercare una soluzione politica e ad essere parte attiva nel processo di pace, nella forma gradita alle parti».

 

Il viaggio europeo «è servito anche a superare reciproche diffidenze, a solidificare la volontà di pace e di ricostruzione » dice Reyes, mettendo l’accento sulla parola “ricostruzione”, anche perché,

ci tengono a sottolineare, le sfide di un paese come la Colombia (il secondo stato al mondo per biodiversità), 40 milioni di abitanti e un territorio grande tre volte l’Italia non si esauriscono

nell’inflazionato binomio guerra civile- narcotraffico. Se durante le tappe europee i delegati (tra i quali Luis Carlos Villegas, presidente dell’Associazione degli industriali colombiani) si sono

spesso intrattenuti con esponenti del mondo imprenditoriale, la visita è anche un modo per “allargare” il quadro delle realtà coinvolte nel processo di pace, che tradotto significa sottrarlo,

in parte, all’ingombrante egemonia di Washington.

Del resto l’Europa ha tutto l’interesse ad entrare negli interventi e nei progetti approvati dal presidente Pastrana (7,5 miliardi di dollari già stanziati) per le prime opere di risanamento sociale della Colombia, per la cui realizzazione il paese ha sollecitato l’intervento di donatori stranieri e degli istituti di credito internazionali (Fmi e Banca Mondiale).

 

Una visita storica, per molti motivi. La prima volta di una delegazione di guerriglieri marxisti ad essere ricevuta ufficialmente dal Vaticano, «che può avere un ruolo di primaria importanza nella pacificazione di una paese molto cattolico» secondo le parole di Reyes.

 

Un occasione per i negoziatori stessi, che oltre ad incassare gli impegni internazionali hanno avuto modo di conoscersi, confrontarsi dopo anni di ostilità e decine di migliaia di morti. La pace è ancora lontana, i nemici della distensione sempre in agguato e la strada della democrazia in Colombia è stata appena imboccata ma, guardandoli davvero in faccia, i negoziatori sembrano tutti convinti di potercela fare.