Cooperazione e restaurazione

Di Marco Consolo – Il manifesto  27 settembre 1995

IN PIENA estate il governo ha approvato un disegno di legge con “misure urgenti per la Cooperazione allo sviluppo” già depositato al Senato. Così scavalcando il Parlamento e la Commissione parlamentare d’inchiesta, che ha tra i suoi compiti quello di indicare possibili modifiche legislative.

Si sa, nella logica della nostra diplomazia e del Governo il Parlamento dovrebbe solo ratificare le decisioni prese alla Farnesina. Ma il governo è scivolato sulla buccia di banana della Commissione d’inchiesta che, a firma del suo neo presidente, il leghista Provera, ha inviato una dura lettera al Ministro ove sottolinea “le forti critiche che il Ddl ha suscitato nella commissione”, qualificando come “incongrua ed intempestiva la nuova normativa proposta del governo senza previo confronto”.

E’ lo stesso metodo usato per i “nuovi indirizzi della cooperazione” approvati in gran segreto dal Cipe nei mesi passati. Si è accentuata la “privatizzazione” della cooperazione, la subalternità alle politiche commerciali e di sostegno all’export italiano, la commistione con le politiche neocoloniali del nuovo modello di difesa, la sua “strumentalità” rispetto alla politica estera. Si stravolgono così le linee di fondo della legge in vigore, la legge 49/ B7. E’ un anticipo della riforma organica che il Governo annuncia “in fase di avanzata elaborazione” , in perfetta solitudine, provocando tra gli altri, l’ira dei sindacati.

La malacooperazione

TRA i principali responsabili della “malacooperazione”, oltre a Dc e Psi, restano i dirigenti diplomatici della Direzione Generale per la Cooperazione. Gli stessi che hanno glissato su una seria analisi dei meccanismi che consentivano le degenerazioni nelle audizioni della Commissione parlamentare d’inchiesta, e che oggi hanno fatto presentare dal governo questo ddl per vincolare la futura riforma del settore Anche nel merito del disegno di legge il nostro giudizio e fortemente critico. infatti, contraddittoriamente, il governo parla di “garantire trasparenza, efficienza, qualità, responsabilità”, mentre smantella di fatto l’unica struttura di controllo tecnico del Ministero, l’Unità tecnica centrale, Allo stesso tempo cerca di assicurarsi larghi consensi, facendo balenare possibili vantaggi e “sanatorie”, in particolare con ammiccamenti alle organizzazioni non governative e alle imprese con un contenzioso ñnanziario aperto. L’istituzione del silenzio-assenso per l’approvazione da parte della Avvocatura e del Consiglio di Stato per quanto concerne le transazioni con le imprese. di fatto consentirebbe la massima arbitrarietà e chiuderebbe definitivamente gli scheletri negli armadi.

L’affidamento a trattativa diretta a persone o entità pubbliche o private di delicate attività di gestione e valutazione sinora svolte dal ministero, protrae il clientelismo e rischia di ripetere la triste esperienza del Fondo Aiuti Italiani (Fai), che nella stessa forma ha dilapidato oltre duemila miliardi di lire, mai rendicontati. Insomma un disegno di legge che non risolve e che non piace a molti.

Certo, è innegabile la necessita e l’urgenza di risolvere la paralisi della Cooperazione, e l’incapacità gestionale che ha portato, tra l’altro, ad un avanzo di cassa sulla gestione ’95 di circa 150 miliardi, Rifondazione comunista, mentre chiede l’immediato ritiro del provvedimento, si appresta a fare proposte concrete per sbloccare le vere urgenze: a cominciare dal blocco dei finanziamenti per le Ong, dalla critica situazione dei borsisti dei Pvs, dalla copertura assicurativa per il personale italiano all’estero.