El Salvador: vittoria storica della sinistra nel “pollicino d’America”

El Salvador è stato per decenni in mano alle oligarchie più reazionarie e sanguinose dell’America Latina. Il fatto che la sinistra governi ora quel Paese, con la vittoria nelle ultime elezioni presidenziali da parte di Mauricio Funes e del Fronte Farabundo Marti, e dopo quasi 20 anni dagli accordi di pace che posero fine alla sanguinosa guerra civile, non è semplicemente un’alternanza.

Nella storia de El Salvador non c’è stata solo la fase della guerriglia del Fmln. E’ una lunga storia di repressione e dittature, le cui vittime sono stati innanzi tutto i comunisti e le forze progressiste di quel Paese. Comunista era il leader carismatico del Fmln, il Comandante Shafik Handal, dirigente del Partito Comunista che costruì, insieme ad altre formazioni rivoluzionarie, l’organizzazione guerrigliera, oggi partito politico maggioritario. Un marxista di origine palestinese, nato da una di quelle  famiglie che hanno animato le lotte per la terra e la riforma agraria. Come quelle che negli anni ’30, il generale Martínez represse brutalmente, assassinando in pochi mesi quasi trentamila contadini.

Insieme al Nicaragua sandinista, negli anni ’80 El Salvador ha rappresentato il paradigma della sistematica ingerenza statunitense. Prima con massacri e bombardamenti, poi con la cosiddetta “guerra di bassa intensità” di Washington, attraverso la creazione degli “squadroni della morte” (poi trasformati in partito, Arena), braccio armato del terrorismo di Stato e principale responsabile delle violazioni dei diritti umani durante la guerra civile (1980-1992). Fra le vittime delle centinaia di omicidi politici, tutti ricordano l’Arcivescovo Oscar Romero, assassinato il 24 marzo del 1980. Ma con la fine del conflitto armato (con quasi 80mila morti), l’ingerenza statunitense non è certo finita.

La sua presenza è continuata, con un peso asfissiante nel tessuto socio-economico. La misura più emblematica è stata la scomparsa della moneta nazionale, sostituita dal dollaro. E l’ingerenza statunitense è proseguita fino ad oggi.

A parte la Colombia, negli ultimi 20 anni, in America Latina nessuno ha seguito più disciplinatamente i diktat statunitensi. Per tutte questa ragioni, non siamo di fronte a una vittoria qualunque. E’ la conferma dell’onda lunga della primavera latino americana. Di quella che vede Paese dopo Paese scegliere una via d’uscita da sinistra ai decenni bui del neoliberismo. La vittoria del Fronte è il riscatto delle decennali battaglie per l’emancipazione di un popolo.

Oggi l’Fmln e il neo-presidente Mauricio Funes si trovano ad affrontare una situazione difficilissima sul piano sociale ed economico. I dati ufficiali del governo parlano di una povertà al 38%. Ma se si tiene conto della disparità tra il costo della vita (circa 350 dollari al mese in città) ed il salario minimo (circa 200 dollari), ciò significa che il 60-70% della popolazione vive in una situazione di povertà.

E’ questa la causa principale dell’enorme emigrazione (tra le 500 e le 700 persone al giorno, di cui circa tre milioni negli Stati Uniti) che invia rimesse che rappresentano il 17% del Pil.

El Salvador è uno dei Paesi più violenti al mondo con un altissimo tasso di omicidi. Fino ad oggi il governo aveva incolpato le “pandillas”, ma molti di quegli omicidi sono stati commessi dai vecchi e nuovi squadroni della morte e l’aumento allarmante della criminalità si è avuto proprio durante la gestione dell’ex-capo della Polizia Nazionale, Rodrigo Avila, il candidato presidenziale di Arena. A questo si aggiunge una corruzione dilagante che ha svuotato le casse pubbliche e un’evasione fiscale alle stelle.

Governare in queste condizioni per l’Fmln sarà una sfida non facile. Ma i popoli latino-americani dimostrano che si può cambiare, anche eleggendo governi di sinistra che si battono contro il neoliberismo del passato, dando vita a processi di sviluppo autonomo, di democratizzazione, di integrazione e unità regionale. Liberando la terra da chi imprigiona i sogni. I sogni di quelli come Shafik Handal, scomparso due anni fa dopo aver celebrato in Bolivia un’altra storica vittoria della sinistra latinoamericana, quella di Evo Morales. Sogni che oggi stanno diventando realtà.

(adattamento redazionale)

 di Fabio Amato e Marco Consolo

Liberazione 17-3-2009