Plan Colombia: un piano di guerra

Intervista a Raul Reyes, Comandante guerrigliero delle FARC-EP.

di Marco Consolo – Liberazione 26-18-2000

 

Guerra alla guerriglia, mascherata dal pretesto della lotta al narcotraffico. E’ questo il principale obiettivo del Plan Colombia tanto caro agli Usa che hanno già stanziato un miliardo e trecento milioni di dollari da destinare alla fornitura di armi e all’assistenza militare a Bogotà. Per celebrare le smanie interventiste di Washington nel paese latinoamericano, arriverà il 30 agosto a Cartagena

lo stesso Bill Clinton. I reali scopi di quella visita li spiega a Liberazione il comandante Raul Reyes, negoziatore delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia – Esercito del popolo nel processo di pace con il governo.

 

Qual è il vero obiettivo della visita di Clinton in Colombia?

La visita del signor Clinton è l’ennesimo messaggio di intimidazione contro i colombiani che fanno sentire la loro protesta contro l’ingerenza degli Stati Uniti nei nostri affari interni. Una visita di incoraggiamento per il circo dei burattini al servizio del grande capitale nazionale ed internazionale. Una presenza che esplicita i veri obiettivi del piano di guerra contro la Colombia, maldestramente definito “Plan Colombia”. L’imperialismo potrebbe fare ben poco se non contasse sulla mancanza di dignità ed il tradimento degli interessi della nostra patria da parte del governo colombiano e della classe al potere.

 

Ci sarà una reazione popolare al viaggio del presidente statunitense?

Sicuramente saranno molti i patrioti colombiani che manifesteranno la propria ira in diverse forme per questa visita sgradita del presagio solo di minacce e di ingerenza nei nostri affari interni da parte del governo degli Stati Uniti. Subito dopo l’approvazione di un piano di guerra offensivo e bellicista, tutti dovrebbero chiedersi il perché di questa visita.

 

Qual è l’impatto del Plan Colombia sui negoziati di pace?

L’applicazione del Piano nella parte repressiva inizia a minare la fiducia nella politica di pace del governo. C’è il pericolo di liquidare il dialogo con le Farc-Ep. Infatti sono pochi quelli che capirebbero perché un’organizzazione guerrigliera che lotta per il potere e per governare la Colombia, sieda al “tavolo di dialogo”, non con i rappresentanti dello stato colombiano, ma con i “vende-patria” che hanno regalato la sovranità e l’indipendenza del nostro popolo all’impero nordamericano. In queste condizioni la rappresentanza statale non è legittima, dato che non rappresenta lo Stato colombiano, ma direttamente gli interessi di un altro Stato, quello nordamericano.

 

Qual è il vostro giudizio sull’atteggiamento dell’Unione Europea rispetto al Plan Colombia?

L’atteggiamento europeo rispetto al Piano “gringo” contro la Colombia è stato prudente. La maggior parte dei paesi ha chiarito il proprio interesse a contribuire alla pace sulla base del fatto che si possano risolvere i problemi della Colombia tra colombiani, per ottenere una pace con giustizia sociale. Ma l’Europa può avere un ruolo ancor più decisivo, non partecipando né apertamente, né in maniera nascosta alle politiche decise a Washington. La verità è che l’Europa può e deve avere un maggior protagonismo in America Latina e nei Caraibi. Per far ciò c’è bisogno di un rapporto di scambio permanente con tutte le forze politiche e sociali nel continente, non solo con i governi, per comprendere la vera dimensione dei problemi.

 

Qual è il vostro giudizio sul recente rimpasto ministeriale del governo del presidente Pastrana?

I cambi di persone significano poco. Il nostro paese ha bisogno di trasformazioni sostanziali per uscire da una crisi economica, politica, sociale e strutturale. Per avere dei cambiamenti a favore della pace, lo Stato colombiano deve agire a favore del benessere sociale e culturale di milioni di colombiani. Il primo punto è creare occupazione con salari che permettano di far fronte alle tasse, al costo della vita, alla svalutazione del peso colombiano rispetto al dollaro. Il resto sono chiacchiere, sensazionalismo improduttivo.

 

Ci può sintetizzare la vostra proposta di riconversione delle coltivazioni illecite?

In occasione della Audienza pubblica sulle coltivazioni illecite, abbiamo fatto una proposta concreta di riconversione ai rappresentanti diplomatici di oltre 25 paesi, tra cui l’Italia. Di fronte alla stampa internazionale, all’opinione pubblica nazionale ed internazionale. Abbiamo voluto contribuire con le nostre idee alla soluzione di un problema complesso e delicato che in Colombia colpisce i contadini più poveri, che per colpa dell’abbandono da parte dello Stato sono stati obbligati a disboscare nella profondità della selva per coltivare “gli illeciti” senza essere narcotrafficanti. Per il bisogno di sopravvivere. Non si può risolvere questa grave situazione dei contadini e dei braccianti con le “fumigazioni” repressive, che distruggono non solo le coltivazioni di coca, ma tutto l’ambiente, la bio-diversità e la stessa salute degli abitanti di queste zone e di quelle limitrofe.