Venezuela: Casabianca con tanta voglia di golpe militare

 

Ci siamo sbagliati. Ci illudevamo che i colpi di stato in America Latina appartenessero all’epoca degli anni 70. Così non è stato. Sapevamo di tentativi di assassinare il presidente Chavez naufragati grazie alla stessa intelligence delle forze armate.

Il golpe ha sorpreso lo stesso Chavez, ed il processo di trasformazione avviato in Venezuela è stato bloccato. Una cospirazione che ha visto alleati la Confindustria locale, l’oligarchia, la Centrale sindacale (Ctv) legata al vecchio regime bipartitico, la parte più reazionaria della chiesa cattolica, settori importanti delle FFAA. Il dipartimento di Stato nordamericano in queste ore ha preferito non pronunciarsi, ma in questi mesi non è stato certo a guardare.

Dopo ben sette processi elettorali, Chavez, era stato confermato alla guida di un paese che si colloca al quarto posto mondiale per la produzione di petrolio. La sua indipendenza in politica estera lo aveva portato ad opporsi alla ri-militarizzazione del continente attraverso il Plan Colombia, al progetto egemonico dell’Alca sponsorizzato dall’amministrazione Bush, alla crociata “antiterrorista” statunitense sfociata nella Guerra in Afghanistan.

Sul piano interno i cambiamenti radicali avevano rotto la corruzione clientelare e quasi 50 anni di una politica a favore delle classi dominanti. In questi tre anni si erano avviate importanti riforme: una nuova Costituzione democratica tra le più avanzate nel mondo; una riforma agraria che ridistribuiva la terra a chi non l’aveva mai posseduta; l’accesso all’educazione gratuita per più di un milione di bambini ed il raddoppio degli investimenti nel settore dell’educazione; la riduzione della mortalità infantile dal 21 al 17%; la riduzione della disoccupazione ufficiale dal 18 al 13%; una riforma fiscale che colpiva l’enorme evasione; l’introduzione di meccanismi di microcredito a favore delle classi popolari; una legge sulla pesca che favoriva i piccoli pescatori a danno delle multinazionali del settore; una riforma urbana che per la prima volta assegnava le case a chi non le aveva; un’importante “legge sugli idrocarburi” che, aumentava la tassazione per le compagnie straniere incrementando gli introiti statali destinati ad investimenti sociali insieme alla battaglia all’interno dell’Opec, il cartello dei paesi produttori di petrolio per regolare quantità e prezzo del greggio sui mercati internazionali.

Decisivo nella preparazione del golpe è stato il ruolo dei mezzi di comunicazione, schierati istericamente contro il processo rivoluzionario. Martellante è stata la campagna di disinformazione e manipolazione, interna ed internazionale contro la “dittatura comunista” e contro “l’amico di Fidel” che tuonava contro le politiche neo-liberali. Non si è mai vista una stampa attaccare, senza nessuna censura, con epiteti volgari ed offensivi un capo di stato, invitando di fatto all’omicidio. Avevamo manifestato la nostra preoccupazione allo stesso Chavez, nel corso di un incontro che ci aveva concesso. Oggi tace l’unico canale statale, chiuso dalla giunta golpista ed “il libero mercato delle TV” dà la sua versione dei fatti al mondo. Come diceva uno slogan fortunato “la storia la fanno i popoli e ce la raccontano i padroni”. E se ci fossero stati dubbi sulla natura di classe del conflitto, la designazione del presidente di confindustria a capo della giunta golpista li chiariscono definitivamente.

Come reagiranno i “pobladores” dei quartieri poveri, le donne tutelate per la prima volta nella loro storia, i contadini ed i senza terra, gli sfruttati che avevano riposto le loro speranze nel cambiamento?