Sudafrica: 50 rands per uccidere

Intervista a Padre Nolan, dirigente a Johannesburg dell’Istituto per la teologia contestuale

Di Marco Consolo Liberazione 7 maggio 1993

Johannesburg. A Padre Albert Nolan, prete cattolico bianco che dirige l’ “Istituto per la teologia contestuale” — un organismo in prima fila nella lotta contro l’Apartheid che riunisce diverse Chiese sudafricane, tra le quali quella cattolica — abbiamo rivolto alcune domande sulla situazione in Sudafrica.

Padre Nolan, il governo bianco sta davvero lasciando il potere?

De Klerk sa che non è possibile conservare il potere attraverso l’apartheid. Ma se il National party cambia politica e si va alle elezioni, allora forse riuscirà a conservarlo, in qualche misura. E tutto il negoziato per De Klerk e il governo ruota attorno a come e dove mantenere il potere, non certo a come condividerlo. Insomma, il governo sta valutando i modi migliori per restare in sella. Innanzi tutto, il modo di mantenere il potere economico, se quello politico dovrà essere ceduto. Poi, altri modi. Dicono di volere la democrazia, ma non su base maggioritaria. E’ una contraddizione in termini, perché la maggioranza della popolazione è nera. Quindi stanno cercando delle formule con cui avere una democrazia non controllata dalla maggioranza, E questo il dibattito su “Stato centralizzato o Stato regionale”. Parlano di «dividere il potere» in regioni dove forse potrebbero ancora controllare qualcosa. L’appoggio all’Anc non ha la stessa consistenza in ogni parte del Sudafrica e ci potrebbero essere alcune regioni controllate dal National party. Così a livello regionale il governo centrale conserverebbe un potere di veto. Questa è la lotta di potere in atto.

 Non c’è il rischio di uno scollamento tra la popolazione e l’Anc, in questa fase negoziale?

Questa situazione sta confondendo la gente, che non sempre capisce ciò che succede, Nel passato l’Anc aveva un ruolo di protesta. E la gente lo comprendeva, identificandosi facilmente con essa, perché soffriva, Ma oggi l’Anc ha capito che deve partecipare ai negoziati, che dovrà dividere una parte del potere per un periodo, ed è obbligata al “dare e avere”. Devono farlo, non c’è alternativa. Quindi l’Anc prova a mantenere la pace e ad ottenere il potere per il popolo gradualmente, passo dopo passo. Ma la sua stessa base ha difficoltà a comprenderlo. Ed è difficile capire quando si ha fame, o si e oppressi e ti dicono che bisogna andare passo dopo passo. Il controllo della Tv e della radio da parte dello Stato e quello della stampa da parte dei grandi uomini d’affari aggrava la confusione.

Oggi quali sono le cause e le radici della violenza?

In questi giorni in Sud Africa la criminalità è uno dei problemi principali. Solo il 7% dei giovani che esce dalla scuola riesce a trovare un lavoro. Dell’altro 93% di disoccupati, alcuni fanno parte dell’economia informale, altri si danno al crimine, perché sono disperati. Loro stessi dicono che è l’unica maniera per sopravvivere. ll risultato è che Johannesburg, secondo le statistiche, è la capitale mondiale del crimine.

Una lunga storia di oppressione significa che la vita umana non ha valore. Da bambino sei cresciuto vedendo che ogni giorno la polizia uccideva qualcuno, forse qualcuno della tua famiglia, magari in prigione. E tu cresci cosi e se vuoi sopravvivere anche tu devi uccidere. Come parroco, vuoi insegnare ai giovani a non uccidere, a rispettare dunque uno dei comandamenti. Ti ridono in faccia e ti chiedono come faccio a sopravvivere se non uccido? Posso accettare gli altri comandamenti, ma non quello. È la mia autodifesa.

Qual è oggi il vostro atteggiamento di fronte alla violenza?

La prima cosa da dire è che le cause dell’attuale violenza non hanno nulla a che vedere con quello che nel passato era la lotta armata. Nel passato l’unica maniera per l’Anc per far cambiare le cose è stata la minaccia delle armi. Se ciò non fosse avvenuto, e nonostante le sanzioni, avremmo ancora l’apartheid. Da parte nostra non c’è stato un appoggio acritico e nel caso di attacchi ad alberghi o negozi, li abbiamo criticati. Ma io credo fosse necessario qualche tipo di lotta armata. L’attuale violenza, però, non ha alcuna relazione con quel fenomeno. La violenza del passato è stata quella delle forze di sicurezza e della polizia. Quando l’Anc, il Partito comunista e altri partiti sono stati legalizzati, tutti si aspettavano che vi fosse un’ondata di vendetta, che i bianchi fossero tutti uccisi. Ma non è successo, a parte qualche caso recente da parte dell’Apla (Azanian peoples liberation army, braccio armato del gruppo estremista Panafrican congress, ndr). Oggi le forze di sicurezza bianche continuano ad uccidere i neri e anche i neri uccidono altri neri. Questo perche le forze di sicurezza stanno applicando la regola del “dividi e comanda”. L’attuale violenza politica è stata architettata, istigata dalle forze di sicurezza, con l’obiettivo di far uccidere tra loro i neri.

Hanno liberato dal carcere dei criminali, li hanno addestrati e pagati per uccidere. Pagano 50 rand (circa 30.000 lire) per uccidere. La gente ha bisogno dei 50 rand e uccide. Sicuramente questo è convenuto anche a dei neri, come Buthelezi. Il suo partito, l’Inkhata, era un piccolo partito senza militanti, ma attraverso la violenza sono diventati importanti. Adesso, anche l’Inkhata si rende conto di essere stata usata. E la base oggi sta facendo la pace. E’ vero che qualcuno non ha abbandonato le armi, come il piccolo gruppo dell’Apla, che comunque è l’eccezione che conferma la regola. Ma ciò è successo solo nell’ultimo anno, non prima. E a volte ci chiediamo chi vi sia dietro, chi cerchi di creare confusione.

Ma bisogna capire che alcuni bianchi sono disperati. Farebbero qualsiasi cosa per fermare il processo. Uccideranno, pagheranno qualcuno per uccidere, faranno in modo che appaia come responsabilità dell’Anc o di chiunque altro. Questa è la ragione della violenza. E’ vero che alcuni giovani che partecipano alle uccisioni appartengono all’Anc, ma non perché l’Anc dice loro di farlo. I giovani crescono avendo perso il senso del valore della vita.

Che cosa significa per la chiesa e i cristiani, in questo contesto, la parola riconciliazione?

Nel passato la parola riconciliazione è stata usata solo dai bianchi per significare che i neri non dovevano opporsi. Noi non volevamo una riconciliazione nella continuità dell’ingiustizia: sarebbe stato come chiedere agli oppressi di riconciliarsi con la loro oppressione e di accettarla. Oggi la parola riconciliazione ha spesso un diverso significato. Sicuramente significa che bianchi e neri devono riconciliarsi e non uccidersi più tra loro. Ma nello stesso tempo ci deve essere giustizia, Riconciliazione oggi significa anche che i neri devono spesso riconciliarsi tra loro. L’oppressore, dividendo, ha fatto in modo che i neri si scontrassero, come nel caso dei cosiddetti “ostelli”, più di trenta a Johannesburg, enormi, a volte con migliaia di persone stipate. Dovevano far capire loro che erano fratelli, che li si stava usando. E’ per questa riconciliazione che stiamo lavorando.