Il Guatemala a una svolta ?

di Marco Consolo –

In agosto del 2023, in Guatemala si è svolto il ballottaggio elettorale con la vittoria di Bernardo Arévalo de León alle elezioni presidenziali (con Karin Herrera come vice-presidente) e con l’affermazione del movimento “Semilla” da lui creato, un piccolo partito composto in gran parte da professionisti e ceto medio. Nonostante i molteplici tentativi di mettergli il bastone tra le ruote, il neo-presidente è riuscito ad insediarsi il 15 gennaio scorso.

Laureato in sociologia, con una conosciuta carriera diplomatica, Bernardo Arévalo è figlio di Juan José Arévalo, il primo presidente democraticamente eletto (1944-1951) dopo la “rivoluzione del 1944”. Bernardo è stato console in Israele, ambasciatore in Spagna e viceministro degli esteri. In seguito, è stato deputato del partito Semilla, un partito nato come movimento in seguito alle proteste del 2015 che portarono alle dimissioni dell’ex presidente Otto Pérez Molina, poi condannato per corruzione.

Lotta alla corruzione e Lawfare

Nella fragile democrazia guatemalteca, il principale obiettivo dichiarato da Arévalo è la lotta alla corruzione.

Proprio per attaccarne i meccanismi, nel 2007  il Paese aveva accolto una Commissione Internazionale Contro l’Impunità (CICIG ), sostenuta dalle Nazioni Unite, ma chiusa dall’ex-presidente Jimmy Morales nel 2019, dopo l’arresto del fratello e del figlio per corruzione. Il Guatemala si era così trasformato da Paese in cui veniva combattuta la corruzione, a uno in cui decine di giudici e procuratori sono stati costretti all’esilio.

Per Arévalo non è stato facile arrivare al governo, anche perché dall’inizio della campagna elettorale, i poteri forti e il “patto dei corrotti” hanno fatto l’impossibile per impedirglielo e rimanere in sella, utilizzando il Lawfare (la guerra giudiziaria) come strumento principale di opposizione e resistenza al cambiamento. Fino all’ultimo istante, Semilla ha dovuto difendersi dagli attacchi della Procuratrice generale, Consuelo Porras. Infatti, già dallo scorso 12 luglio la Procura generale ha avviato una serie di azioni legali contro Arévalo de León e il suo partito, tra cui tre richieste di rimozione dell’immunità del presidente e un tentativo di annullamento della personalità giuridica del Movimento Semilla.

Patto dei corrotti e sanzioni internazionali

Negli ultimi mesi sono fioccate le sanzioni internazionali contro diverse figure del corrotto apparato giudiziario, a cominciare dalla stessa Porras, sanzionata dal governo statunitense “per aver ostacolato la lotta alla corruzione e minato la democrazia in Guatemala”.  Agli Stati Uniti si è aggiunta l’Unione Europea, “per aver tentato di impedire l’insediamento del presidente Bernardo Arévalo e per aver minato la democrazia” con sanzioni anche contro Rafael Curruchiche, capo della Procura speciale contro l’impunità (Feci); il procuratore della Feci, Leonor Eugenia Morales Lazo; il segretario generale della Procura, Ángel Arnoldo Pineda Ávila; e il giudice Fredy Raúl Orellana.

Anche il governo canadese ha annunciato sanzioni contro la procuratrice generale Consuelo Porras e altri tre funzionari per aver “promosso direttamente o indirettamente la corruzione e per aver commesso impunemente gravi violazioni dei diritti umani”.

In un suo paradossale comunicato, la golpista Procura della Repubblica segnala che: “È opportuno ricordare la dichiarazione di Alena Douhan, relatore speciale delle Nazioni Unite sull’impatto negativo delle misure coercitive unilaterali sul godimento dei diritti umani, che ha affermato che sanzioni di questo tipo violano i diritti umani degli individui”.

Con un atteggiamento golpista e di aperta sfida, la procuratrice generale ha comunque dichiarato che non si dimetterà dal suo incarico e che non incontrerà il presidente Arévalo che aveva sollecitato più volte le sue dimissioni.

Sul piano parlamentare, nonostante il tentativo di Porras di negare la personalità giuridica di Semilla, quest’ultima era riuscita a resistere e ad eleggere il presidente del Parlamento,  grazie ad un accordo con altre forze presenti in Parlamento. Peccato che, solo qualche ora dopo, il giovane neo-eletto Presidente è stato costretto a dimettersi, visto che la corrotta Corte Costituzionale ha stabilito che i deputati di Semilla non possono essere considerati un gruppo parlamentare, a seguito della decisione del giudice Fredy Orellana (tra i sanzionati…), che ha ordinato la sospensione della sua personalità giuridica. Al suo posto, è stato eletto Nery Ramos, deputato del partito “Azul” (Azzurro), ex capo della Policía Nacional Civil dal 2015 al 2018. A suo tempo, Ramos era stato elogiato dall’ambasciata statunitense come “un importante socio degli Stati Uniti”.

E ora ?

Semilla si definisce un movimento politico democratico e plurale, con una identità politica ecologista e progressista, anche se dentro il movimento vi sono anche settori più centristi. E dopo il veto ad hoc del Tribunal Supremo Electoral (TSE)  nei confronti dei candidati presidenziali del Movimento di Liberazione dei Popoli (MLP), la gran parte della sua crescente base elettorale (forte soprattutto tra i popoli originari, ma non solo) ha optato per Semilla. In queste condizioni e con queste premesse, dal canto suo, la sinistra è riuscita ad eleggere solo una deputata con la lista di coalizione URNG MaizWinaq (Sonia Gutierrez), confermando una debolezza che viene da lontano.

Per la vittoria di Arevalo, sono state decisive le mobilitazioni a difesa del voto da parte dei popoli originari, degli studenti, delle donne e di altri settori popolari, espressione dello scontento e la rabbia della popolazione per le innumerevoli denunce di  corruzione e i casi di frode elettorale.

Per quanto riguarda il nuovo governo, le nomine dei ministri non brillano certo tutte per “progressismo” o radicalità e molti provengono direttamente dalle organizzazioni padronali dei diversi settori.  In ogni caso, i rapporti di forza non sono certo favorevoli al governo e non sarà facile governare, dato che l’oligarchia che ha in mano il Paese ed il “patto dei corrotti” non hanno nessuna intenzione di cedere spazio. Anche i settori evangelici più reazionari si sono uniti alla campagna contro Arévalo.

Sul versante internazionale,  si sono schierati in aperto appoggio al presidente Arevalo, gli Stati Uniti, la OEA e l’Unione Europea. E proprio a Bruxelles, durante una recente visita di Arevalo, il ministro degli Esteri del Guatemala, Carlos Martínez e l’alto rappresentante dell’Unione europea (UE), Josep Borrell, hanno firmato un memorandum d’intesa per un meccanismo di consultazione bilaterale. Nel primo tour nella Unione Europea di Arévalo come presidente, il mandatario ha visitato Francia, Spagna, Germania, Svizzera e Bruxelles.

Vedremo se la tessitura di rapporti internazionali gli permetterà di portare a casa aiuti concreti e di vincere il braccio di ferro con il “patto dei corrotti” ed i suoi alleati.

Israele ed il conflitto armato

E a proposito di ingombranti presenze internazionali, in prima fila c’è ancora quella di Israele, rivendicata nel passato da Benjamín Netanyahu, che aveva sottolineato le “eccellenti relazioni” tra i due Paesi “fin da quando il Guatemala aveva sostenuto la creazione dello Stato di Israele”. L’assistenza militare israeliana era iniziata ufficialmente nel 1971. Dal 1975 aveva fornito gli aerei Aravaet e diversi tipi di armamento (cannoni, armi leggere, etc.) che gli Stati Uniti avevano smesso di fornire per le drammatiche violazioni dei diritti umani. Quando nel 1977 Carter interruppe totalmente la vendita di armi, Tel Aviv prese definitivamente l’iniziativa e la “diplomazia Uzi” (in riferimento al celebre fucile d’assalto israeliano) svolse un ruolo preponderante.

Nella lunga e sanguinosa guerra civile (dagli anni ’60 fino al 1996), l’addestramento di Israele alle FF.AA. guatemalteche è stato decisivo per realizzare un vero e proprio genocidio, in particolare delle popolazioni Maya. Ma la repressione era stata feroce anche contro sospetti oppositori del governo, esiliati di ritorno, studenti e accademici, dirigenti della sinistra, sindacalisti, religiosi, giornalisti ed anche i “bambini di strada”. Il Guatemala ha anche il triste record di essere stato il primo Paese dell’America Latina ad inaugurare la pratica della “sparizione forzata” dei suoi oppositori. Si stima che dal 1966 fino al termine della guerra vi siano stati dai 40.000 ai 50.000 desaparecidos. Secondo le Nazioni Unite, circa 200.000 civili furono uccisi o “sparirono” durante il conflitto, a mano dei militari, della polizia o dei servizi di sicurezza.

A quasi 30 anni dalla fine del conflitto armato, sono ferite profonde, ancora aperte nella società.