Quel disastro chiamato cooperazione internazionale

di Marco consolo – Liberazione 11 giugno 1996

La nomina del banchiere Dini agli Esteri, risulterà rassicurante per Confindustria, alla finanza e al Fondo monetario internazionale, ma preoccupante per tutti coloro che sono impegnati sul fronte della cooperazione e della solidarietà internazionale. I precedenti di Dini prefigurano una politica di cooperazione con due facce: neo-liberista a livello di scelte strategiche e caritatevole sul piano del cosiddetto aiuto umanitario.

E’ ormai dal 1990 che la Direzione generale perla cooperazione allo sviluppo (Dgcs) si trova nell’occhio del ciclone, in una crisi apparentemente senza uscita, paralizzata dalle inchieste su tangentopoli, dai rilievi della Corte dei conti, dallo smantellamento di fatto della struttura di cooperazione, e, soprattutto, da una progressiva quanto drastica riduzione dei fondi. Oggi l’Italia destina al settore solo lo 0,17 per cento del Pil. Occorre invece invertire la tendenza e recepire le indicazioni Ocse dello 0,7 per cento. D’altra parte, l’indagine inconclusa della Commissione parlamentare d’inchiesta ha evidenziato alcuni dei nodi alla base della “mala cooperazione” tra cui lo strapotere delle imprese · con chiari meccanismi di malaffare. L’indagine ha portato alla presentazione di una relazione integrativa di minoranza da parte di Rifondazione Ma il perdurare della crisi avvantaggia chi vuole trasformare definitivamente la cooperazione da attività di solidarietà e aiuto allo sviluppo verso i paesi o le popolazioni più svantaggiate, a mera appendice delle strategie neocoloniali del “nuovo modello di difesa” o di commercio estero dell’Italia. Le pressioni della Confindustria, le manovre in corso peri riassetti interni del ministero, confermano questa preoccupazione. Gli stessi decreti legge che si sono susseguiti (non ultimo quello emanato dal ministro Fiat Agnelli e reiterato proprio sotto la presidenza Dini), andranno emendati profondamente.

Prendiamo atto che le dichiarazioni del neo-sottosegretario Serri, aprono alcuni spiragli. Ma occorre passare dalle parole ai fatti, con chiari segnali di cambiamento.

Rifondazione comunista considera improrogabile, per il nuovo Parlamento e per il governo Prodi, affrontare almeno tre questioni prioritarie: la conclusione della Commissione parlamentare d`inchiesta; la riforma della legge 49/87: l’istituzione di una commissione permanente parlamentare di indirizzo e vigilanza.

Nel quadro di una cooperazione internazionale posta alla base della politica estera dell’Italia nei confronti dei paesi del sud del mondo, i punti qualificanti della riforma, devono essere la definitiva separazione tra Aps (Aiuto pubblico allo sviluppo) e commercio estero, tra Aps e politiche di difesa/offesa: il protagonismo dell’associazionismo diffuso di solidarietà: la cooperazione decentrata sul territorio: la partecipazione delle comunità di migranti: la trasparenza negli atti e il controllo parlamentare. Anche per rompere con le commissioni del passato, è giunto il momento di separare la struttura di gestione l dell’Aps (che proponiamo sia un ente pubblico e non un’agenzia) dal ministero degli Esteri. Al centro occorre mettere davvero lo sviluppo sociale ed economico delle popolazioni colpite dai processi di mondializzazione capitalista, dalle delocalizzazioni e dal “pensiero unico” del mercato. Con questi contenuti presenteremo in tempi brevi una proposta di legge di riforma del settore, su cui chiamiamo da subito a un confronto serrato le forze sociali, le Ong, l’associazionismo laico e cattolico, le comunità di migranti, le forze politiche.